L’Italiano è la quarta lingua studiata nel mondo: gli unici a sorprendersi sono gli italiani.
Un paio di settimane fa, la stampa italiana dava, con un certo stupore, la notizia che l’Italiano è la quarta lingua studiata nel mondo, dopo inglese, spagnolo e cinese, non riuscendo a spiegarsene il perchè.
Le prime tre sono abbastanza logiche:
l’inglese è la lingua di un miliardo e mezzo di persone (mettendo nel
conto anche gli indiani) ed è la principale (ma non l’unica) lingua
franca del Mondo. Lo spagnolo è la lingua di mezzo miliardo di parlanti
ed è in rapida espansione negli Usa; quanto al cinese, non solo è la
prima lingua di un miliardo e mezzo di parlanti, ma è la lingua del
principale paese emergente (forse è meglio dire ”Emerso”) e seconda
potenza mondiale. Sin qui tutto spiegabile.
Invece, inspiegabile è che sia quarta
l’Italiano, lingua di poco più di sessanta milioni di parlanti (forse
settanta se ci mettiamo dentro eritrei, albanesi, somali che lo
conoscono e un po’ di italiani all’estero), di un paese relativamente
piccolo ed in decisa decadenza, ignorato dalle grandi potenze e
ridicolizzato dai suoi piccoli politici passati e presenti.
Precede lingue come il francese, il
tedesco, il russo, il portoghese, il giapponese, come si spiega? Il
guaio è che i giornalisti italiani sono molto ignoranti e, quel che è
peggio, non fanno nessuna ricerca prima di scrivere.
Allora vediamo qualcosa che può spiegare
questo strano fenomeno. Prima di tutto, si dimentica che l’italiano è
la lingua franca di uno dei principali soggetti geopolitici mondiali: la
Chiesa Cattolica. La lingua ufficiale della Chiesa, come si sa, è il
latino, ma quella in uso fra i prelati (e spesso anche i semplici preti)
di nazioni diverse è soprattutto l’Italiano che è parlato correntemente
in Vaticano ed usata prevalentemente dal Papa, vescovo di Roma, anche
se non si tratta più di un italiano da quasi quaranta anni. Ed anche in
ordini religiosi con i salesiani o i gesuiti, la lingua corrente è
l’italiano.
Poi c’è da considerare che l’Italia è
uno dei paesi che ha avuto una cospicua emigrazione nell’ultimo secolo:
circa 40 milioni di persone sparse soprattutto in Argentina, Usa,
Canada, Australia, Germania, Francia e Belgio e non pochi figli e nipoti
si sono mantenuti bilingui. Fra l’altro (la cosa non ci inorgoglisce ma
deve essere registrata su un piano avalutativo) l’Italiano è spesso
usato fra gli uomini di Cosa Nostra o fra gli ‘ndranghetisti sparsi per
il mondo ea altre organizzazioni criminali come i colombiani. E anche
questo è un fenomeno sociale.
C’è poi l’importanza dell’Italiano sul
piano culturale ed anche qui si sono dimenticate troppe cose. In primo
luogo si dimentica che l’italiano è la lingua principale del melodramma e
nel mondo ci sono tanti melomani che apprezzano molto la nostra musica
lirica, basti pensare al successo mondiale avuto da Pavarotti dagli anni
ottanta in poi.
Poi la letteratura italiana è
sicuramente una delle primissime a livello mondiale; non mi interessa
stabilire se sia la prima in assoluto (anche se non mi stupirebbe
affatto constatarlo), mi basta sottolineare come essa abbia uno sviluppo
continuo nel tempo da XIII secolo in poi, con capolavori di livello
mondiale, in tutti i secoli. Quello che non mi pare si possa dire allo
stesso livello delle letterature di Inghilterra, Francia, Germania,
Spagna e Russia che presentano maggiore discontinuità.
Chi voglia avere una idea del “peso”
della letteratura italiana, può consultare la monumentale collana di
testi della Ricciardi, ma ripeto che non ha senso stare a stabilire se
si tratti della prima in assoluto, basti considerare che certamente è
fra le primissime. E non sorprende che ci siano autori italiani (da
Petrarca a Gramsci o Leopardi) più amati e letti all’estero che in
Italia. Ma qui c’è il ruolo della scuola, il cui principale scopo è far
odiare agli studenti tutto quello che fa loro studiare.
Del peso dell’arte italiana, in
particolare del Rinascimento, ma non solo, non è il caso di dire e
questo spiega (altra cosa non sufficientemente considerata) che l’Italia
sia una delle principali mete turistiche nel Mondo.
E, infine (anche la cultura “materiale”, ha il suo peso) tanto la gastronomia quanto la moda nel Mondo parlano spesso italiano.
Che morale possiamo ricavare da questa
terribile sproporzione fra l’apprezzamento che la cultura e la lingua
italiana riscuotono nel mondo e la pochezza dell’autostima degli
italiani? Semplicemente che gli italiani del tempo presente sono impari
rispetto al patrimonio culturale che li sovrasta. Peccato.
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